Capitolo 12
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Crisi vitivinicola
e nuovi impianti a vigneto


Quando l’economia trainante di una comunità agricola si fonda su diversi cespiti di entrata derivanti dalla produzione di olio, vino, carrube, mandorle, frutti, ortaggi, cereali, ecc., allora si ha un’economia forte e al riparo da crisi improvvise.

Questo fatto non era stato preso nel dovuto conto dalle comunità, gravitanti nella Piana di Vittoria, che avevano estirpato quasi tutte le piante di ulivo, carrubo, mandorlo, ecc., per piantare solo vigneti, di cui soltanto Vittoria, nel 1885 aveva coperto i 5/6 dell’intero territorio.

Puntuale accadde la catastrofe, annunciata e da tutti inaspettata, che arrivò nel 1886 con l’invasione della fillossera che, riproducendosi rapidamente attaccava i vigneti alle radici fino a fare morire la pianta.

Se ciò, con la conseguente diminuzione della produzione di vino, determinò un’innalzamento dei prezzi e l’arricchimento di qualche proprietario, ben presto quest’ultimo subiva la stessa sorte degli altri.

Poi, come se ciò non bastasse, l’1/3/1888 venne a scadere il trattato commerciale con la Francia, che impose forti aumenti sui dazi del vino.

Malgrado ciò quasi tutti i proprietari terrieri, noncuranti della lezione né del famoso proverbio locale che dice: "Vigna supra vigna, si zappa e nun si virigna", fecero a gara per reimpiantare i nuovi vigneti usando come portainnesto, in quanto resistente alla fillossera, la Vitis Labrusca, che è una barbatella americana.

Le barbatelle, per risparmiare sulle spese di reimpianto, venivano piantate ora col palo di ferro e al secondo anno veniva innestata ossia "‘nzitata" con innesto a zufolo o "a pezza", quando la barbatella ossia "u zuccarieddu" era almeno della grossezza di un dito, praticandolo pure in estate ossia a giugno; mentre quando la barbatella era meno vigorosa si praticava l’innesto legnoso o "lignusu" nei mesi freddi ossia a gennaio e febbraio.

Così, mentre aumenta la richiesta dello specialista di innesti per vigneti, ossia "u ‘nzitaturi", si riduce naturalmente la manodopera bracciantile. Ciò in quanto le vigne, prevalentemente, ora venivano coltivate con il cosiddetto aratro Busacca.

Si evitava così di zappare col sistema tradizionale la vigna in quanto, con la zappa si toglieva soltanto l’erba, che rimaneva vicino al piede della vite con notevole risparmio delle spese di conduzione.

A mano a mano che gli impianti vecchi del vigneto venivano distrutti dalla fillossera, questi venivano rimpiazzati dai nuovi impianti, per cui la produzione vitivinicola sembrava riacquistare la sua originaria valenza economica trainante.

Infatti, l’importanza dello scalo di Scoglitti nell’economia dei prodotti agricoli commerciali di tutto il retroterra costituente la Piana di Vittoria era ancora talmente rilevante che la società di Navigazione Generale Italiana vi apriva, già prima del 1890, un’apposita agenzia per ordinare e smistare le merci in arrivo e in partenza.

Tale funzione, svolta per un millennio prima dalla città greca di Camarina, col suo porto canale, e poi dal caricatore di Cammarana, veniva ereditata dallo scalo di Scoglitti, con la ricolonizzazione colonniana di Vittoria.

Ma, con l’introduzione del treno in Sicilia, e la costruzione della ferrovia Siracusa-Licata, ultimata il 18/6/1893, perdeva rapidamente la sua importanza.

Ciò fu dovuto ai numerosi disagi e ai tempi lunghi del trasbordo e travaso del vino che, giocoforza, si doveva fare più volte nelle spedizioni via mare, contro la comodità offerta dai vagoni e dalle numerose stazioni, che riducevano notevolmente le distanze dal luogo di produzione al punto di partenza delle botti o di altri recipienti, che si mettevano a carico del committente. Finivano perciò i caratteristici recipienti dalle misure standard che, facendo riferimento al barile, pari a 80 litri ossia "na carrica", si chiamavano "quartigghiu" della capacità di 20 litri o il "mezzaluoru" della capacità di 40 litri, ossia "carratieddu i mienzu varrili", di cui seguiva il modello.

Questi contenitori venivano chiamati genericamente "varrilieddi" quando erano inferiori a 80 litri e "uttaccieddi" quando superiori e assumevano le più svariate dimensioni e capacità ed erano sempre senza "purtedda", senza rubinetto, ecc., e con il solo buco nella pancia per riempirli mentre il tappo veniva spesso sigillato con un tondello di latta chiodato.

Tutto ciò portò ad una notevole crisi nel campo dei trasporti a piccola e media distanza svolto con i carretti, che si riproduceva per conseguenza sull’artigianato in generale.

Infatti nel 1909, come scrive il Mazza, le sole esportazioni di vino in ferrovia raggiungevano i 200000 ettolitri, che impegnavano 12536 vagoni completi.

Tale impennata, a mano a mano che i nuovi impianti di vigneto entravano in produzione, andò sempre più accentuandosi fino ad arrivare nel 1935 all’esportazione di oltre 500000 ettolitri di vino per ferrovia, a 50000 ettolitri per mare e 100000 ettolitri su strada, con una produzione complessiva di ben 650000 ettolitri, che determinava il crollo dei prezzi e la crisi irreversibile della vitivinicoltura in cui le distillerie, con la produzione di 6000 ettolitri di alcool non ebbero nessuna incidenza.

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.118/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1632, donazione Salvatore Cognata 1978, Vittoria, inizi 1800.

 
118.jpg (7368 byte)Palo, dal lat. Palus, in sic. Palu i fierru.

Si costituisce di un lungo cilindro di ferro con l’estremità inferiore a punta conica e l’altra estremità piatta che viene conficcata al centro di una pesante e grossa trave di legno le cui estremità lavorate si restringono in modo da formare le impugnature. Serviva, in sostituzione alla zappa, per fare nel terreno buchi, profondi fino a 50 o 60 cm, per piantarvi le barbatelle.

 


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 SCHEDA N.119/1996, Esperto A. Zarino n.inv. sn.

119.jpg (3494 byte)Barbatella da Barbata, dal lat. Barba, in sic. Barbatella.

Vite selvatica, introdotta dalle Americhe in quanto resistente alla fillossera. Veniva usata come portainnesto.

 

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 SCHEDA N.120/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. s.n., donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, inizi 1900.

 
120.jpg (4064 byte)Cassa, dal lat. Capsa, in sp. Caja, in port. Caixa, in sic. Cascitedda i ‘nzitari.
Si costituisce di un’alta fascia di latta sagomata a forma ovale con la parte inferiore chiusa. L’orlo superiore, rinforzato da una sottile striscia di ferro piatto o "raetta", ha al centro un manico arcuato pure in sottile ferro piatto che, nel punto di innesto della cassetta, ha due astucci in cui si mettevano il coltello a quattro lame e il coltello da innesto, mentre metà della cassetta è chiusa da una "pavera" in latta. Questo tipo di cassetta serviva per innestare durante il periodo estivo, per cui i sarmenti da cui trarre le gemme venivano tenuti a bagno nell’acqua e coperti con un panno umido per non farli disidratare, ossia "sbintari".



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SCHEDA N.121/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1643, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

 
121.jpg (4717 byte) Cassa, dal lat. Capsa, in sp. Caja, in port. Caixa, in sic. Cascitedda i ‘nzitari.

Si compone di 4 tavole rettangolari, larghe e uguali a due a due, collegate in modo da formare un parallelepipedo. L’interno aveva un divisore mobile per contenere due varietà d’innesti, oltre a un piccolo scomparto per gli attrezzi. Al centro vi è un manico arcuato ricavato da una verga di castagno e fissato con dei chiodi. Serviva per innestare durante l’inverno, prima del risveglio delle gemme.

 

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 SCHEDA N.122/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1642, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, inizi 1900. 

122.jpg (4208 byte)122a.jpg (4208 byte) 

Cassa, dal lat. Capsa, in sp. Caja, in port. Caixa, in sic. Cascitedda i ‘nzitari.

Si compone di 4 tavole rettangolari, larghe e uguali a due a due, incernierate su una tavola più larga che costituisce il fondo, ossia la tavola portante, a cui è pure incernierato il manico ricavato da due strisce uguali, di sottile ferro piatto sagomato, collegate da un cilindro di legno tornito che fa da impugnatura. I quatto lati della cassa, grazie alle cerniere, venivano alzati e fissati con delle stanghette e occhielli in ferro, come si può vedere dalla foto esplicativa. Questa cassetta per innestare veniva utilizzata dai "‘nzitaturi" che, nei periodi di forte richiesta, giravano di paese in paese.

 

 

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 SCHEDA N.123/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1646, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

 123.jpg (5244 byte) Mola, dal lat. Mola, in sic. Petra-Mola.

Pietra, con custodia e manico in legno, che ha due facce di cui una più ruvida per limare o molare e una più fine per affilare, ossia rifinire, il taglio degli attrezzi, coltelli, ecc..

 

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 SCHEDA N.124/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1644, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

124.jpg (5094 byte)Accetta, dal franc. Hachette, in sic. Accittuledda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro temperato piatto con sottile taglio sul lato a ventaglio e occhio per manico in legno, in alto. Serviva per troncare i "zuccaredda" delle viti, ossia il tronco da reinnestare, o anche per la rimonda di piante in genere.

 

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 SCHEDA N.125/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1649, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

125.jpg (7164 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda". Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con lo scalpello si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 

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SCHEDA N.126/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3469, donazione Graziella Ventura 1990, Vittoria, inizi 1800.

 
126.jpg (6431 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda". Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con lo scalpello si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
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SCHEDA N.127/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1648, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

 
127.jpg (5365 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda". Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con lo scalpello si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 


PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
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 SCHEDA N.128/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1647, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

128.jpg (4688 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda". Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con lo scalpello si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 


PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.129/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3467, donazione Graziella Ventura 1990, Vittoria, fine 1800.

129.jpg (4688 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con un’estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda", e l’altra a scalpello diritto. Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con uno dei due scalpelli si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 


PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
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 SCHEDA N.130/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3466, donazione Graziella Ventura 1990, Vittoria, fine 1800.

130.jpg (4867 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con un’estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda" e l’altra a scalpello diritto. Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con uno dei due scalpelli si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 


PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
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SCHEDA N.131/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3468, donazione Graziella Ventura 1990, Vittoria, fine 1800.

 131.jpg (4636 byte)Manaiola o Mannaiola, dal lat. Manus, in sic. Mannaredda.

Attrezzo, di produzione artigianale, in ferro piatto temperato, come lo stesso manico, con un’estremità a scalpello ricurvo o a "zappudda" e l’altra a scalpello diritto. Dopo aver tagliato di netto il tronco serviva a spaccarlo e con uno dei due scalpelli si procedeva ad allargare lo spacco per introdurvi i nuovi innesti, mettendoli in pari con la corteccia, effettuando quindi la legatura con la "raffia".

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.132/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1645, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, inizi 1900.

132.jpg (4760 byte)Mazzuolo, dal franc. Masse, in sp. Maza, in sic. Mazzuledda.

Pezzo di ramo di olivastro per battere, con forza adeguata, sul dorso delle "mannareddi" e creare lo spacco sui tronchi da innestare.



PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
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 SCHEDA N.133/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1650-1657, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, fine 1800.

133.jpg (7752 byte)Forbice, dal lat. Forfex (acc. Forficem), in sic. Fuorfici i putari.

Forbice, tipica dell’artigianato vittoriese, interamente in acciaio, con il dado romboidale, per cui veniva dotata di apposita chiave (1657) che faceva pure da giravite, in modo da potere smontare non solo la forbice, ma anche la lama di taglio per facilitarne l’affilatura.





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 SCHEDA N.134/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1652, donazione Salvatore Cognata 1980, Vittoria, inizi 1900.

134.jpg (6991 byte)Forbice, dal lat. Forfex (acc. Forficem), in sic. Fuorfici i putari.
Forbice da potare, di costruzione industriale, realizzata con due elementi in acciaio temperato, con molla elastica e bullone di forma esagonale. Serviva per potare e preparare gli innesti.

 

 

 

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 SCHEDA N.135/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. s.n., donazione Vincenzo Criscino 1990, Vittoria, inizi 1900.

135.jpg (6304 byte)Coltello, dal lat. Cultellus, in sic. Cutieddu a quattru lami.

Attrezzo di costruzione industriale. Si compone di un manico in legno tornito, a forma di timbro rotondo, alla cui base sono fissate, a coppie, 4 lame di acciaio temperato formanti due V distanziate pochi centimetri. Esso consente di incidere contemporaneamente, con un movimento semirotatorio, la corteccia del tralcio poco sopra e sotto la gemma da prendere per procedere all’innesto della barbatella, come dalla foto esplicativa.135A.jpg (6802 byte) Quindi, con il coltellino che appositamente sul dorso ha un rigonfiamento, si procede a staccare la gemma, nonché ad incidere ed aprire la corteccia della barbatella per introdurvi la "pezza", o innesto, che poi viene legata con la "raffia".

 

 

 

 

 

 

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 SCHEDA N.136/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3734, donazione Palmira Uggeri 1990, S. Croce Camerina, inizi 1900.

 

136.jpg (7393 byte)Coltello, dal lat. Cultellus, in sic. Cutieddu i ‘nzitari.
Attrezzo di produzione industriale. Si compone di una lama in acciaio temperato e un manico in osso con inciso, a cura dell’ultimo proprietario, un pesce da un lato e dall’altro un fiore con due foglie e 136A.jpg (9462 byte)l’anno 1941. La lama del coltello ha la punta piatta e, all’estremità opposta al taglio, un lobo saltagemma, che serviva per staccare la gemma.

 



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 SCHEDA N.137/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3464, donazione Graziella Ventura 1990, Vittoria, fine 1800.

137.jpg (9046 byte)Pinna, dal lat. Pinna, in sic. Pinna.
Attrezzo di produzione industriale. Si costituisce di un manico cilindrico in legno con ad un’estremità una paletta in ferro temperato, sagomata ed affilata, che serviva per iniziare lo stacco della corteccia dal tronco che poi si completava con la pinna vera e propria che, per non graffiare, è in osso lavorato e si trova sull’altra estremità del manico che si impugnava come una penna, da cui deriva la radice etimologica.




PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
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 SCHEDA N.138/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3465, donazione Graziella Ventura 1990, Vittoria, fine 1800.

138.jpg (9609 byte)Pinna, dal lat. Pinna, in sic. Pinna.
Attrezzo di produzione industriale. Si costituisce di un manico cilindrico in legno con ad un’estremità una paletta in ferro temperato, sagomata ed affilata, che serviva per iniziare lo stacco della corteccia dal tronco che poi si completava con la pinna vera e propria che, per non graffiare, è in osso lavorato e si trova sull’altra estremità del manico che si impugnava come una penna, da cui deriva la radice etimologica.

 


PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

SCHEDA N.139/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1639, donazione Salvatore Cognata 1978, Vittoria, inizi 1900.

139.jpg (10983 byte)Pignatta, dal basso lat. Pineata, in sp. Piñata, in sic. Pignatieddu ra pici.

Pentola in argilla, di produzione artigianale, con catrame, ossia "pici reca" (pece greca), che si usava per coprire la parte dei tronchi tagliati che, dopo innestati, rimangono scoperti per evitare che "sbentinu" ossia che secchino facendo fuoriuscire la linfa che deve far germogliare le nuove gemme.

 

 

 

 

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 SCHEDA N.140/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. s.n., donazione Gioacchino Occhipinti 1990, Vittoria, inizi 1900.

140.jpg (12009 byte)Quarto, dal lat. Quartus, in sic. Quartigghiu.

Piccolo barile, o "varrilieddu" con iniziale "A", che trae il nome dal fatto
che ha la capacità pari a 1/4 quarto del barile, ossia "varrili" di 80 litri.

 

 


PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.141/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. s.n., donazione Gioacchino Occhipinti 1990, Vittoria, 1900.

141.jpg (13570 byte)Quarto, dal lat. Quartus, in sic. Quartigghiu.

Piccolo barile, o "varrilieddu" con iniziali "O.P." della fam. Occhipinti,
che trae il nome dal fatto che ha la capacità pari a 1/4 di barile, ossia "varrili"
di 80 litri.

 

 

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.142/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3598, donazione Giuseppe Denaro 1990, Vittoria, 1950.

 

142.jpg (16050 byte)Barile, dal basso lat. Barillus, in sic. Varrilieddu.

Barilotto di 30 litri spedito da Gaetano Giordano a Vincenzo Proietti di Bollate.

 

 

 

 

 

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CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.143/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1689, donazione Salvatore Palmeri 1980, Vittoria, 1900.

143.jpg (10826 byte)Barile, dal basso lat. Barillus, in sic. Varrilieddu.

Barilotto di 60 litri per spedizione di vini fuori Vittoria.

 

 

 

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.144/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1693, donazione Salvatore Palmeri 1986, Vittoria, 1900.

144.jpg (22462 byte)Botte, dal basso lat. Butta, in sic. Uttaccieddu.

Botte da 120 litri circa per spedizione di vini fuori Vittoria,
con iniziali "G.M.F.".