Capitolo 5
Precedente Home Su Successiva

 

 

"A  VIRIGNA E U VINU PISTA 'MUTTA"
ossia la vendemmia e il fiore di mosto

 

La vendemmia nella Piana di Vittoria generalmente cominciava verso il 15 di agosto, quando l’uva era matura e in più a quella data, finiti i lavori della raccolta cerealicola, vi era più possibilità di reclutare manodopera. Quindi si "adduvava a ciurma", si reclutava la squadra di operai che veniva guidata dal "suprastanti", ossia caposquadra, che si occupava della vendemmia vera e propria cioè della raccolta dell’uva.

Questa veniva effettuata da almeno 5 o 6 persone, di cui almeno due mulattieri con relativo mulo e i due "cancieddi" portati a barda, così, mentre un mulattiere scaricava al palmento l’uva, l’altro caricava aspettando all’inizio dei filari della vigna. Qui arrivava il "carriaturi", o portatore dell’uva, che la trasportava sulla spalla nella "cruvedda" facendo 6 viaggi per completare il carico. Costui andava e veniva dal mulo all’"antu", ossia al posto di raccolta, dove aveva lasciato la "cruvedda" vuota che il capofila e altri due riempivano con i grappoli o "rappi" di uva, raccolta col coltello e messa nei panieri. Intanto l’uva ossia "racina", a dorso di mulo, arrivava al palmento. Qui, sul retro, dal lato esterno esistevano uno o due "finestrali" con il davanzale rialzato in unica pietra viva sporgente a mezzaluna, dove veniva poggiato uno dei due "cancieddi", mentre l’altro si appoggiava su una grossa pietra a mo’ di tamburo di colonna, che si trovava poco distante e in corrispondenza.

Liberato il mulo, il mulattiere porgeva i due "cancieddi" pieni di uva ad almeno due "pisaturi" che, all’interno del palmento, pigiavano l’uva che scaricavano sul piano inclinato o "aria" laterale "’nvalatata" ossia piastrellata in pietra viva di Comiso, che si allungava poco sotto il livello del davanzale.

Quindi gli uomini trattenendosi, per non cadere, ad una fune penzolante dalla trave del tetto pigiavano a piedi nudi l’uva, il cui succo si riversava da un canale in pietra nel sottostante tino in muratura, passando prima dalla "cruvidduzza i scucciari" che faceva da filtro impedendo ai chicchi dell’uva o "coccia" schiacciati e quindi a buccia, polpa, seme e raspo, ossia a "pogghia", "purpa", "vicciu" e "rappogghia", di cadere nel fossato a forma di parallelepipedo, ossia tino.

Finita la pigiatura si usciva il fiore di mosto che, messo in botte, dava un vino chiaro ossia il tipico "cerasuolo di Vittoria" che si otteneva con la spremitura leggera detta "pista ‘mutta" in quanto si evitava la fermentazione e la commistione di sostanze tanniche che caratterizzano gli altri vini.

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

SCHEDA N.36/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1606, acquisto 1970, Vittoria, metà 1900

036.jpg (4393 byte) Paniere, dal lat. Panarium, in sic. Panaru.
È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga a cui si intrecciano lunghe strisce di canna utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente devono essere messe a bagno nell’acqua. Ha una forma tronco conica con il manico, nell’orlo, pure in verga e serve per la raccolta di olive, uva, ecc..

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.37/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1604, donazione Giombattista Salerno 1968, Vittoria, inizi 1900.

 

037.jpg (5828 byte) Corbello, dal lat. Corbula, in sic. Cruvedda.
È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga a cui si intrecciano lunghe strisce di canna utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente bisogna metterle a bagno nell’acqua. Ha una forma tronco conica con due manici, tutti in verga, poco rialzati rispetto all’orlo e veniva utilizzato per il trasporto dell’uva, dal punto di raccolta, al posto di attesa del mulattiere, dove l’uva veniva scaricata nei "cancieddi", che a dorso di mulo venivano trasportati al palmento.

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.38/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1602, donazione Giombattista Salerno 1968, Vittoria, inizi 1900.

038.jpg (4844 byte) ..., in sic. Cancieddu.
È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga cui si intrecciano lunghe strisce di canna utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente bisogna metterle a bagno nell’acqua. Ha una forma quasi cilindrica con un grosso orlo, tutto in verga, nel quale veniva passata la corda per legarla agli uncini della "scalidda", utilizzata per il trasporto dell’uva a "barda", o a dorso di mulo, fino al retro del palmento.

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

 SCHEDA N.39/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. s.n., rilievo anni ‘70 di Attilio Zarino, disegno 1996 di Gianvincenzo Zarino.

039.jpg (3501 byte) Palmento, dal lat. Pavimentum, in sic. Palummientu.

Planimetria del palmento greco dell’inizio del 1800 della fam. Busacca-Marangio esistente in C.da Serra d’Elia, territorio di Vittoria.

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

SCHEDA N.40/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. s.n., foto anni ‘70 di Attilio Zarino.

040.jpg (15014 byte)

Aia, dal lat. Area, in sic. Aria.

Fotografia vendemmia anni ‘70 in C.da Serra d’Elia, con particolare del palmento Busacca-Marangio relativo ai "pisaturi" dell’uva nell’"aria" laterale di destra. In primo piano si vede la pala di legno che serviva, dopo aver completato la pigiatura, a raccogliere la poltiglia dell’uva per buttarla nel tino sottostante, dove restava fino alla fermentazione desiderata.

 



PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

SCHEDA N.41/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 1615, donazione Gioacchino Occhipinti 1965, Vittoria, inizi 1900.

 

041.jpg (9446 byte)Corbello, dal lat. Corbula, in sic. Cruvidduzza i scucciari.
È costruito artigianalmente su una struttura radiale in verga cui si intrecciano lunghe strisce di canna, utilizzate quando non sono del tutto secche, diversamente bisogna metterle a bagno nell’acqua. Ha una forma tronco conica e, nella parte superiore, una "lumera", ossia un doppio orlo formante un ampio e profondo becco. Serviva per filtrare il mosto che colava dall’apposita canaletta alla quale veniva legato. Cosicché quando il corbello si riempiva di impurità, il doppio orlo faceva da ulteriore filtro.

 

PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA - POLIMUSEO A. ZARINO - VITTORIA
CATALOGO DEI BENI CULTURALI

SCHEDA N.42/1996, Esperto A. Zarino
n.inv. 3599, donazione Giuseppe Denaro 1990, Vittoria, 1900.

 

042.jpg (6326 byte) Botte, dal tardo greco Boutis, in basso lat. Butta, in sic. Utti.

Recipiente di "uottu carrichi" pari a 640 litri, approssimativamente di forma cilindrica, costruito artigianalmente con legno di quercia o di castagno fatto a strisce, chiamate doghe, rese leggermente ricurve al centro col fuoco. Le doghe vengono tenute assieme da una graduata serie di cerchi in "raetta", ossia ferro piatto sottile, imperniati, che stringono pure il fondo e il coperchio, chiamati "timpagni". In quello anteriore vi è una "purtedda", ossia portello che, togliendolo, consente di pulire la botte dai residui del mosto.